La mielofibrosi è un tumore che colpisce le cellule staminali del sangue per la quale non esiste una cura definitiva. C’è quindi l’esigenza di sviluppare nuove terapie, che possono essere ricercate studiando i meccanismi attraverso i quali la malattia insorge e a volte progredisce in leucemia acuta, portando rapidamente alla morte del paziente.
Una nuova strategia per individuare precocemente la trasformazione della mielofibrosi in leucemia acuta arriva dai ricercatori e dalle ricercatrici del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” di Unimore, in collaborazione con il gruppo di lavoro del professor Matteo Della Porta dell’Università Humanitas di Milano.
Lo studio, il primo pubblicato su questo argomento da ricercatori italiani, su Precision Oncology del gruppo Nature (a livello mondiale sono usciti infatti solo altri due lavori) ha permesso di analizzare la complessità delle cellule tumorali alla base della progressione di malattia nella mielofibrosi.
La ricerca, sostenuta da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, è coordinata dalla professoressa Rossella Manfredini, responsabile del programma di Genomica e Trascrittomica del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” del Dipartimento di Scienza della Vita di Unimore.
“L’evoluzione delle neoplasie mieloproliferative a leucemia acuta è il risultato dell’aumento graduale dell’accumulo di mutazioni del DNA che caratterizza le cellule tumorali. Predire come progredirà il tumore, individuando precocemente cellule leucemiche nel paziente, è fondamentale per definire la prognosi della malattia e stabilire la migliore cura per il paziente – spiega la professoressa Rossella Manfredini. Per questo studio abbiamo adottato le nuovissime tecniche di studio delle mutazioni del DNA e degli RNA messaggeri su singola cellula che si sono recentemente dimostrate essenziali anche per la comprensione della grande varietà all’interno della popolazione di cellule staminali di questi pazienti”.
“Ricostruire il profilo delle mutazioni della popolazione tumorale staminale e come questa popolazione si diversifica nel tempo ed evolve, ci consente di comprendere i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza e della progressione della malattia”, afferma la dottoressa Sandra Parenti, coautrice dell’articolo.
“Questo nuovo approccio su singola cellula – spiega la dottoressa Selene Mallia, che ha collaborato alla ricerca – si è dimostrato un potente strumento per comprendere nei dettagli come cambiano le combinazioni di mutazioni durante l’evoluzione della malattia e individuare possibili varianti genetiche non identificate dai comuni strumenti diagnostici”.
“In particolare – illustra la dottoressa Chiara Carretta, anch’essa collaboratrice dello studio – mutazioni a carico del gene FLT3, individuate precocemente, possono indicare il probabile decorso maligno della mielofibrosi verso una forma di leucemia mieloide acuta”.
“L’analisi del profilo dei geni espressi dalle cellule staminali neoplastiche – spiega il Dott. Sebastiano Rontauroli, coautore dell’articolo – attraverso l’analisi a singola cellula ha consentito di identificare l’alterazione di molti processi che permettono alle cellule tumorali di nascondersi dal sistema immunitario e far progredire la malattia”.
“Una conoscenza più approfondita delle caratteristiche cliniche e molecolari dei pazienti affetti da mielofibrosi – conclude la Prof.ssa Rossella Manfredini – permetterà una prognosi più accurata e renderà possibile l’identificazione di nuovi bersagli per lo sviluppo di cure mirate per uno specifico paziente nell’ottica di una medicina di precisione”.